Gli enunciati di Kirchhoff
mettono in relazione le righe di emissione e di assorbimento
con la natura del gas implicato nel processo. Non appena questo fu chiaro, anche le comete attrassero l'attenzione degli scienziati.
Nel 1864, appena qualche anno dopo il lavoro di Kirchhoff, Gian Battista Donati ottenne il primo spettro di una cometa, seguito due anni dopo da padre Angelo Secchi.
Una decina di anni di osservazioni su varie comete permisero di identificare
con relativa certezza quattro righe negli spettri (nel verde, nel rosso, nel violetto),
che si sovrapponevano a uno spettro continuo, dovuto alla riflessione
della luce solare. Tre delle quattro righe osservate furono attribuite
da Pietro Tacchini al carbonio.
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La cometa Hale-Bopp. Credits: Gregory Terrance, Lima, N.Y.
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Oggi è appurato che le comete sono fossili di materia che risalgono
alla nube molecolare che ha dato vita al Sistema Solare.
Si tratta cioè di condensazioni più o meno
grandi (da grani di polvere a corpi di 100-200 km di diametro), nate durante la formazione del Sistema Solare.
Per la maggior parte della loro vita, le comete sono semplicemente
dei corpi opachi, solidi, che non emettono luce e quindi difficilmente osservabili. Avvicinandosi al Sole, le comete
assumono la morfologia che le ha rese popolari, sviluppando una
notevole luminosità e una o più code.
Il modello teorico di maggior successo per l'interpretazione
della natura delle comete risale all'inizio degli anni '50,
ma negli ultimi anni sono stati fatti enormi progressi in questo
settore, anche grazie alla missione
Giotto (ESA)
dell'Agenzia Spaziale Europea,
che nel 1986 ha fotografato per la prima volta un nucleo
cometario a distanza ravvicinata.
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